8 – Nuovi strumenti di scrittura didattica
di Maurizio Chatel, direttore editoriale di BBN editrice – www.bibienne.com
DM 30 aprile 2008 e Circolare del Miur del 10 febbraio 2009: due importanti tappe verso il libro didattico digitale. L’auspicio è che sia l’inizio verso un nuovo modo di pensare, costruire e diffondere contenuti didattici avendo in mente innovazione tecnologica e universalità della fruizione culturale.
La circolare ministeriale n. 16 del 10 febbraio 2009 sulle adozioni dei libri di testo delinea nuovi orizzonti nella programmazione didattica, forse al di là delle intenzioni stesse del suo estensore. Le finalità immediate sembrano infatti sostanzialmente due: l’applicazione dei principi di razionalizzazione del diritto allo studio, con particolare riferimento al contenimento della spesa a carico degli utenti della scuola pubblica; l’adeguamento dell’offerta formativa ai nuovi sistemi di comunicazione informatica. Tuttavia le conseguenze di questa riforma potrebbero essere di ben più vasta portata.
Innanzitutto, i testi “digitali” risolvono in modo decisivo il grosso problema dell’accessibilità dei sistemi di scrittura per i portatori di handicap, e in particolare per i non-vedenti. Con un semplice sistema di marcatura del testo, la lettura del file ad opera dei programmi di riconoscimento vocale diviene estremamente precisa e garantisce una perfetta corrispondenza tra la struttura del discorso e la sua riproduzione acustica. La ricerca in questo settore ha raggiunto ormai un livello tecnico adeguato alle esigenze del mercato editoriale, ma la questione va affrontata in fase di progettazione del testo stesso perché gli accorgimenti tecnici da adottare in fase di impaginazione sono molti e coinvolgono la struttura del contenuto, l’impianto grafico, l’apparato iconografico. Inoltre comportano la conoscenza di funzioni, dei programmi professionalmente usati per la creazione dei testi, che esistono da tempo, ma che normalmente non vengono utilizzate.
Il problema è capire quanto l’editoria scolastica sia pronta a recepire tali innovazioni, soprattutto sotto il profilo delle sue strutture redazionali. È noto infatti che ormai la gran parte del lavoro di redazione è stato semplificato attraverso la riduzione del numero di passaggi delle bozze tra autore e casa editrice; la versione digitale del catalogo richiede invece una profonda ristrutturazione della produzione editoriale, con la trasformazione professionale del personale e degli strumenti di elaborazione grafica, senza i quali il testo digitale diventa una semplice copia in formato A4 del manuale cartaceo tradizionale. E questa è l’insidia che si nasconde dietro le buone intenzioni della riforma: scaricare un testo “tradizionale” non è infatti una soluzione che consenta grandi risparmi e facilitazioni d’uso. Facciamo un esempio: un manuale di storia può comprendere tra le 200 e le 400 pagine, graficamente complesse, e la stampa personalizzata di una tale mole di carta viene a costare decisamente più cara del suo normale acquisto in libreria. Ancora peggio se poi l’utilizzo del testo avviene attraverso la lettura a video: non è detto infatti che questo approccio permetta un buon apprendimento, e naturalmente esso non è proponibile a livello individuale nelle classi.
È evidente dunque che la proposta ministeriale costringe le case editrici a una vera rivoluzione culturale, che tuttavia a livello di percezione comune è già posta in essere e perfettamente assimilabile. Si tratta infatti di recepire con attenzione e misura quanto la rete è già in grado di offrire sotto il profilo dei metodi di comunicazione e di scrittura, e di trasformare ciò che oggi è ludico in un nuovo canale di trasmissione del sapere. Il testo digitale non può infatti presentarsi come un libro, licenziato una volta per tutte dal suo autore e messo in vetrina – anche se una vetrina virtuale – dal distributore.
Il testo digitale – ma attenzione: soprattutto il testo didattico e scientifico – è una “pagina aperta”, un work in progress totalmente destrutturato a livello di indicizzazione, modulato in brevi files e ricomposto nella forma dell’ipertesto. Esso deve permettere una ricostruzione da parte dell’utente, tale che ogni lettore possa distinguere le parti di immediato utilizzo da quelle accessorie, in un percorso di lettura totalmente personalizzato. E non solo. Queste sono le necessità che rendono la proposta razionale ed efficace sul piano concreto. Vi sono poi le potenzialità di più vasta portata culturale, che riguardano una completa riformulazione del processo di scrittura. La progettazione di un percorso didattico digitalizzato può avvalersi di strumenti del tutto nuovi, quali il forum di discussione e il blog, attraverso i quali i fruitori possano intrattenere un rapporto critico diretto con l’autore contribuendo alla riformulazione delle problematiche proposte e alla loro integrazione con le esigenze pratiche di studio. E ancora: il tema della verticalità delle discipline, così importante e cosìtrascurato nella programmazione didattica, troverebbe una soluzione ideale se il testo perdesse la sua autoreferenzialità oggettuale per divenire un discorso “liquido”: distribuito sulla pagina WEB, un testo si può stratificare a più livelli di lettura, da quello elementare a quello liceale e tecnico, senza inutili ripetizioni e con una cura assai maggiore delle differenze linguistiche e di registro comunicativo. Per tornare al nostro esempio: il percorso disciplinare di storia on-line potrebbe apparire come una serie di link progressivi ad altrettante pagine gerarchicamente composte, comprendenti una successiva integrazione di argomenti ed esercizi, di approfondimenti e problematiche, proposti non da un singolo autore ma da équipes di docenti dei diversi gradi, ciascuno dei quali dovrebbe mettere a disposizione una diversa competenza pedagogica e didattica capace di coprire l’intero percorso formativo di uno studente.
Per concludere, quanto proposto dalle istituzioni si presenta come una prospettiva di enorme rilevanza culturale e sociale, a patto che la capacità di innovarsi si risvegli non solo nell’universo sempre più depresso della scuola, ma anche in quello dell’impresa culturale, se questa è capace di rompere la logica della rendita di posizione e di aprirsi a una vera concorrenzialità innovativa.